Perché le Fondazioni italiane sono in grave crisi? C’entrano per caso 25 anni di scelte dissennate dell’Acri guidata da Guzzetti? Un po’ di storia, e di numeri, per capire perché solo Fondazione Roma ha rispettato la legge e può continuare ad aiutare il suo territorio e i meno fortunati

13 luglio 2018

A. D. E.

Giuseppe Guzzetti, chi è costui? È un signore che nella sua carriera ha fatto prevalentemente il politico (Consigliere regionale, Presidente della Regione Lombardia, Senatore) e non è dato di sapere quanto l’avvocato. Il suo principale dato è che da Presidente della Cariplo (altra nomina politica) è diventato Presidente dell’Acri, l’associazione che raduna  fondazioni e casse di risparmio e le ha indirizzate a destini negativi. Noi che avevamo contrastato dall’inizio in seno all’Acri le sue scelte dissennate, possiamo confermarlo a ragion veduta poiché oggi gli effetti delle sue politiche sono sotto gli occhi di tutti: è l’uomo che ha distrutto le fondazioni italiane. Come riportato da “Affari e Finanza” del 4 giugno scorso, “oggi due terzi delle 88 fondazioni riunite in Acri sono talmente piccole o malmesse, nel rapporto tra patrimonio e costi di struttura, da imporre una aggregazione a pena di sparire”, e quindi non avendo più il dividendo delle banche non possono intervenire sul territorio per svolgere il loro compito istituzionale, che è quello di aiutare i meno fortunati e non di fare gli azionisti di banche in crisi (nel medesimo articolo si ricordano i tanti miliardi investiti per ricapitalizzare le banche che si sono spesso evaporati in Borsa). In un regime civilistico, se fosse applicabile, esse dovrebbero essere messe in liquidazione.

Eppure la stampa italiana, chissà perché, continua ad osannarlo. È bene allora ricapitolare un po’ di storia, e anche alcuni numeri che parlano da soli.

Uno, la storia e le intenzioni del legislatore. Le Fondazioni bancarie sono nate per volontà di Giuliano Amato nell’intendimento, corretto, di separare il destino finanziario da quello filantropico, entrambi presenti nelle antiche casse di risparmio. Il legislatore da una parte mirava a rafforzare il sistema bancario in vista dell’unificazione europea favorendo le fusioni, dall’altra, in considerazione della crisi del sistema del welfare, intendeva utilizzare le fondazioni come strumento per distribuire risorse no profit sul territorio nazionale nei settori in cui maggiormente si notava l’assenza dello Stato secondo il principio ispirato dall’art. 118 della Costituzione Italiana che prevede l’intervento dei privati laddove lo Stato, per carenza di mezzi economici, latita.

Quindi, è bene ripeterlo, le Fondazioni nacquero separando l’obiettivo sociale che era presente nelle casse di risparmio da quello economico. L’intendimento del legislatore era che, sebbene nella prima fase le fondazioni apparivano come azioniste delle banche partecipate, nel tempo le due realtà dovevano separarsi.

Due, solo la Fondazione Roma ha applicato lo spirito e la lettera della legge. La legge Amato istitutiva delle fondazioni è stata interpretata e applicata correttamente solo dalla Fondazione Roma (come peraltro riconosciuto dallo stesso Amato), in origine Fondazione Cassa di Risparmio di Roma, per volontà del suo Presidente Emmanuele F.M. Emanuele, che dismise la partecipazione in Capitalia e, gestendo con accortezza i proventi di tale dismissione, ha assicurato una crescita del patrimonio e una costante presenza a sostegno del territorio in quei settori (sanità, ricerca scientifica, aiuti ai meno fortunati, istruzione, arte e cultura) in cui da sempre lo Stato latita.

Tre, lo scontro in seno all’Acri è stato frontale. Poiché le altre fondazioni non hanno ritenuto di procedere in modo analogo, continuando ad occuparsi di banche e affidando la gestione delle stesse non a persone provenienti dalla società civile ma dalla politica, la crisi dei rapporti tra la Fondazione Roma e l’Acri si manifestò in maniera evidente sin dal primo momento della partecipazione all’Acri con la contrapposizione tra le posizioni del Vicepresidente Emanuele e quelle del Presidente Guzzetti.

Alcuni esempi, incontestabili. In buona sostanza, il Prof. Emanuele suggeriva di uscire dal sistema bancario, prevedendone lucidamente la crisi, suggeriva di non avere l’ossequio costante per le direttive del Ministro del Tesoro di turno e per gli inviti di Banca d’Italia di puntellare le banche e di fronteggiare invece le direttive di Dini, Visco, Ciampi, Tremonti, tutte di fatto tese a pubblicizzare le fondazioni.

A testimonianza di ciò, valga per tutto l’impugnativa della legge Tremonti in maniera autonoma rispetto all’Acri, e la non condivisione, una volta ottenuta la sentenza favorevole della Corte Costituzionale, di entrare a far parte della Cassa Depositi e Prestiti condizione richiesta dallo sconfitto Ministro per migliorare i conti dello Stato in deficit con l’afflusso dei mezzi delle fondazioni.

E ancora, interpretando rigorosamente l’articolo 10 della legge sulle Fondazioni, non avendo più partecipazioni bancarie, di non sentirsi più soggetto al Ministero del Tesoro ma alla Prefettura. Questa contrapposizione, ostacolata anche dall’Acri, portava dopo aver vinto in primo grado ad una sconfitta in Consiglio di Stato, grazie ad una legge appositamente varata dal governo (che molti hanno chiamato “legge Emanuele”).

Abbandonare le banche, ma i buoi erano già scappati. Quando 12-13 anni dopo, a danno ormai fatto, con grande rullar di tamburi Guzzetti decise che bisognava abbandonare le banche e liberarsi dalla politica, il Presidente Emanuele e Fondazione Roma si rifiutarono, chiedendo di ricordare nella premessa che queste scelte la Fondazione Roma le aveva fatte 13 anni prima in totale autonomia. Non avendo ritenuto il Tesoro di consentire tale premessa, Fondazione Roma non ha mai sottoscritto l’accordo Acri-Mef.

Alcuni numeri su Fondazione Roma e Fondazione Cariplo. Tutto questo mentre Guzzetti, nell’ultimo congresso dell’Acri, dice che tutto va bene, che la Fondazione Cariplo da lui presieduta va benissimo e dimentica che invece la sua Fondazione nel 2015 e nel 2016 ha chiuso i bilanci in rosso e, a dimostrazione più evidente del divario tra chiacchiere e verità, la Fondazione Cariplo con un patrimonio di 7 miliardi ha distribuito, in 25 anni, 2,8 miliardi. Per contro, la Fondazione Roma, che ha un patrimonio di 1,5 miliardi, quindi di 4 volte inferiore, nello stesso periodo ha distribuito 813 milioni. I numeri parlano da soli. Da ultimo anche nel 2017 il Guzzetti ha affermato di aver avuto un risultato mirabolante che però sembrerebbe fortemente influenzato da alcune componenti di ricavo di natura strettamente contabile, ovvero non realizzate da un punto di vista monetario e che quindi, conseguentemente, non hanno generato liquidità.

Venticinque anni di scelte dissennate Guzzetti-Acri. Bisogna dunque dire con chiarezza che la scelta dell’Acri in questi 25 anni di governo Guzzetti è stata assolutamente dissennata: ossequio costante al Ministro del Tesoro e al Governatore della Banca d’Italia di turno, acquisizione di quote della Cassa Depositi e Prestiti che nulla hanno a che vedere con i fini istituzionali, acquisti di quote del Fondo Atlante, e pretesa di autodefinirsi l’alfiere di quel mondo che vuole salvare il risparmio con la scusa che il patrimonio della Cdp è il risparmio postale italiano.

Orgogliosi di essere Fondazione Roma. Fondazione Roma ha rispettato la legge, si è tenuta lontano dalle banche, non è entrata nella Cdp e nel Fondo Atlante ma ha invece nel suo territorio una presenza forte e riconosciuta nella sanità, ricerca scientifica, aiuti ai meno fortunati, istruzione, arte e cultura (con ben 76 mostre). E, per quanto riguarda il Mezzogiorno d’Italia, provate a confrontare cosa ha fatto la Fondazione Terzo Pilastro, anche nell’area del Mediterraneo, con gli annunci senza seguito della Fondazione Sud promossa da Guzzetti e dalla Fondazione Cariplo.