Alzheimer, al centro la dignità del malato

di Luisa Bartorelli

Negli ultimi anni gli studi epidemiologici hanno confermato un esponenziale aumento della prevalenza di demenza, legata anche al fenomeno dell’invecchiamento della popolazione  e in particolare alle fasce di età più avanzate a maggior rischio di fragilità psicofisica, che quindi necessitano di un approccio globale ed integrato di cure.

In vari Paesi sono state sviluppate stime sulla numerosità, che va coinvolgendo anche i Paesi  con medio e basso reddito, come già previsto dall’inizio di questo millennio.

Alzheimer’s  Disease International fornisce un annuale Report che illustra lo stato dell’arte della situazione mondiale, commentando dati epidemiologici ed economici, nonché i modelli di cura  dei vari Paesi implicati. Già da quanto evidenziato nel 2015 era evidente come numerosità, diffusione della demenza e costi per la comunità pesassero in modo estremamente gravoso, per molti insopportabile.

Assunti questi dati, il Report 2016 della stessa Associazione Internazionale cerca di individuare soluzioni sostenibili  seppure adeguate ad un tale impatto,  rivolgendosi a tutte le risorse disponibili, non solo nel campo strettamente sanitario, ma coinvolgendo altre istituzioni, altre figure, altri ruoli.

Da un lato  gli specialisti (neurologi, geriatri, psichiatri), ai quali è stata lasciata la pur nobile responsabilità delle cure per le persone con demenza, e che sono oberati  dalle crescenti richieste, dovrebbero spostare i compiti di case management e spartirli con i medici di medicina generale e con gli  infermieri; d’altro lato sarebbe necessario che gli operatori del settore sociale integrassero le loro prestazioni,  facendosi carico di tutto quel che concerne la continuità delle cure. Si eviterebbe così oltre al risparmio il ricorso al pronto soccorso e all’ospedalizzazione spesso incongruo, ma dovuto al vuoto assistenziale  esistente sul territorio.

Delegare compiti selezionati ad altri quadri esistenti, ma non attualmente impegnati sul campo, oppure crearne di nuovi attraverso una formazione “cucita su misura” ai bisogni delle persone con demenza può diventare strategia vincente.  Rimane comunque essenziale l’impegno  degli specialisti nella formazione e la loro guida  per definire e supervisionare il processo di cure.

Il nostro Piano Nazionale Demenze, del quale sono in via di approvazione in Conferenza Stato – Regioni i percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziale (PDTA) è perfettamente in linea con tale strategia propugnata da Alzheimer’s Disease International nel suo Report 2016, anche se siamo solo all’inizio della sua realizzazione sul territorio.

Inoltre, già da vari anni viene sollecitata la partecipazione delle persone stesse con demenza e dei loro familiari alle decisioni nel merito, tanto è vero che all’interno di Alzheimer Europe se ne è formato un gruppo dal motto ”Nothing about us, without us”, che si fa portavoce dei reali bisogni, delle preferenze e delle scelte desiderate. Tutto ciò  rafforza la conservazione di identità, dignità e diritti delle persone con demenza, affermata non solo nel Report, ma anche da tutti noi.

Infatti la Fondazione Roma, sotto la guida illuminata del suo Presidente Professor Emmanuele F. M. Emanuele, sta ultimando il Progetto di un Villaggio Alzheimer a Roma, che avrà come residenti  persone con demenza,  ospitate proprio con il proposito  di dar loro una vita più normale possibile, assecondando il  precedente stile di vita e i  propri desideri, in un ambiente favorevole, stabile e sicuro. Anche la scelta di una minore medicalizzazione e la delega della presa in carico a figure più socializzanti formate ad hoc ben si assimila alla strategia dichiarata vincente dal Report.

A presto la verifica sul campo!