Sempre dopo la Fondazione Roma

Il primo ottobre scorso si è celebrata la nona Giornata europea delle Fondazioni, promossa dall’Acri, nel corso della quale si è svolta l’iniziativa denominata “Non sono un murales – Segni di comunità”. Nella circostanza, sono stati realizzati 140 murales in altrettanti luoghi d’Italia dal nord al sud, che hanno coinvolto circa 1000 partecipanti, bambini, ragazzi, detenuti, artisti, disabili e migranti che hanno contribuito a lasciare un segno, sotto forma di murales, nei luoghi della solidarietà, in cui le Fondazioni ed organismi del Terzo Settore si adoperano per cercare di prendersi cura dei beni comuni.

Ebbene, sul tema, da giorni, diversi quotidiani, soprattutto del nord, non hanno fatto mancare lodi sperticate nei confronti dell’iniziativa, definita “corale”, cui hanno aderito anche la Fondazione Cariplo e le sue 16 Fondazioni di comunità.

Nel concordare circa l’indubbio rilievo dell’iniziativa, duole constatare che, ancora una volta, è passato sotto silenzio che la Fondazione Roma, per prima, ha promosso, tra il 2014 e il 2015, la trasformazione di un quartiere periferico e degradato di Roma, Tor Marancia, in un museo a cielo aperto, che è stato visitato negli anni da più di ventimila turisti ogni anno. Con questa iniziativa, il grigiore di ben 11 palazzine di un comprensorio dell’ATER di Via di Tor Marancia, ha lasciato il passo al colore e a forme simboliche e fantasiose che si arrampicano lungo le varie facciate, vere opere d’arte realizzate da 21 artisti famosi provenienti da 11 Paesi del mondo. Ebbene, questa iniziativa che ha rivoluzionato la vita del quartiere romano, rendendolo famoso nel mondo, si deve alla volontà lungimirante e profetica dell’allora Presidente della Fondazione Roma, oggi Presidente Onorario, Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele, che nel silenzio generale, volle intensamente realizzare questo progetto per l’epoca rivoluzionario. Lo spirito che animò il Prof. Emanuele nel promuovere l’iniziativa non era legato solo alla sua grande sensibilità culturale ed al suo noto amore per il bello e per il nuovo, ma soprattutto alla sua volontà di incoraggiare il riscatto, la dignità, ed una migliore qualità della vita degli abitanti del comprensorio e dell’intero quartiere, non certo tra i più privilegiati. E’ facilmente constatabile, nel caso di specie, ma anche in diverse altre occasioni, come molte delle iniziative promosse dall’Acri, siano intervenute molto tempo dopo quelle già pensate e realizzate dal Prof. Emanuele. Può essere comprensibile che riconoscere questo dato inconfutabile sia una fatica significativa per chi ama autocelebrarsi a prescindere, ma resta comunque triste dover constatare che troppo spesso la verità delle cose rimanga sottaciuta e disattesa.