Il soccorso improprio delle fondazioni a MPS

8 novembre 2022

Nelle settimane recenti le pagine finanziarie dei maggiori quotidiani, nonché delle testate online, sono state sistematicamente occupate dalle preoccupazioni legate all’esito dell’ultimo aumento di capitale della Banca Monte dei Paschi di Siena, maxi aumento da 2,5 miliardi di euro, il settimo negli ultimi 14 anni.

La mobilitazione degli azionisti, degli investitori, e del Ministero dell’Economia e delle Finanze in primis, azionista di maggioranza della banca al 64%, è stata oggettivamente imponente, tanto che, dopo le incertezze iniziali, si può dire che l’operazione è andata a buon fine, con il 96,3% di adesioni ed un inoptato di soli 93 milioni di euro, con il gruppo delle fondazioni che hanno aderito che avrà complessivamente il 3% della banca. Tutti gli analisti hanno concentrato l’attenzione sulle manifestazioni di adesione dei diversi investitori chiamati a raccolta per tentare di dare un futuro alla banca più antica del mondo, e sulle modalità e termini della stessa alla complessa operazione, ma hanno mancato di evidenziare un dato di fondo di rilevanza ben più significativa di ogni altro dettaglio. E’ veramente incredibile, infatti, come nessuno di detti analisti abbia fatto emergere il paradosso generato dal Ministero dell’Economia. Esso, infatti, nella sua veste di autorità di vigilanza sulle fondazioni di origine bancaria, non solo non ha tenuto conto del compito attribuitogli dall’art.10 del D.Lgs.153/99, ma ha indotto le fondazioni vigilate a ignorare la lettera e lo spirito delle norme con le quali prima Amato e poi Ciampi configurarono il ruolo e la missione di questi enti che, ricordo, sono quelli di perseguire in via esclusiva scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico delle comunità di riferimento e di gestire al meglio i propri patrimoni diversificandoli, e non certamente di partecipare al salvataggio di una banca. In particolare, la legge “Ciampi” ha stabilito che le fondazioni nate con la legge “Amato” non debbano più occuparsi di banche e avere la presenza di politici nei propri organi, ma abbiano l’obbligo di dedicarsi a dare risposte nel campo della solidarietà. Non è tutto. Questa sollecitazione è in rotta di collisione anche con le sentenze 300 e 301/2003 della Corte costituzionale, da me coinvolta per primo con la Fondazione Roma e separatamente dalle altre fondazioni aderenti all’Acri nel contenzioso contro la riforma “Tremonti”, dal quale ne uscii vincitore, sentenze che riconobbero, una volta per tutte, la natura privata delle fondazioni ex bancarie, nonché l’esclusività della loro missione di utilità sociale. Ma non basta. L’orientamento assunto dal MEF nell’operazione in esame si manifesta in palese contrasto perfino con il Protocollo d’intesa auspicato fortemente e siglato dallo stesso MEF e dall’Acri nell’aprile del 2015, con il preciso obiettivo di indurre finalmente le fondazioni associate al rispetto dell’obbligo della dismissione delle partecipazioni bancarie ed alla diversificazione dell’investimento del patrimonio, fino a quel momento tranquillamente disatteso, per riportarle sulla corretta e legittima, ma mai praticata, strada della distanza dalle banche e della destinazione dei proventi e non a rincorrere aumenti di capitale o a partecipare ad operazioni improprie come la CDP, il Fondo Atlante ed oggi il salvataggio di MPS, bensì ad intervenire in favore delle necessità dei territori nei principali settori del welfare in difficoltà. L’intera vicenda in esame, con il coinvolgimento di diverse fondazioni nel soccorso alla banca MPS e nel silenzio dell’Acri, ha veramente del paradossale, arrivando a configurare, come detto, un palese conflitto di interesse per il MEF che, lo ripeto, è anche azionista di maggioranza dell’istituto senese, (era già azionista di MPS con una quota intorno al 4%, frutto dell’eredità del ministro Tremonti), avendo investito fin dal 2017 ben 5,4 miliardi di euro, soldi pubblici, nel primo tentativo di ricapitalizzazione precauzionale della medesima banca per complessivi quasi 10 miliardi.

Tutta questa vicenda dimostra in modo incontrovertibile, ancora una volta, la correttezza e la corrispondenza allo spirito ed alla lettera delle leggi “Amato” e “Ciampi” delle scelte da me assunte durante gli anni della mia presidenza della Fondazione Roma, tutte improntate al rispetto del dettato del legislatore, come fatto costantemente e coerentemente in tutto quel periodo, circa la missione filantropica della Fondazione, alla difesa instancabile della sua peculiare natura privata da ogni attacco proveniente da chicchessia, alla distanza dalla banca partecipata ed alla massima diversificazione dell’investimento del patrimonio, alla ancor maggiore distanza dalla politica e dalle sue continue ingerenze, alla distinzione marcata dal percorso assunto dalle altre fondazioni evidenziata con la mia uscita dall’Acri nel 2010 di cui ero Vice Presidente, a sancire formalmente l’inconciliabilità degli indirizzi da me assunti con quelli preferiti dall’Associazione, guidata per oltre un ventennio da Giuseppe Guzzetti. Proprio alla luce dell’evidente valore profetico delle scelte da me sposate con convinzione, nel silenzio e nell’ostilità generali, stride aspramente e risulta veramente poco comprensibile il reiterato coro laudativo da parte di alcuni organi di stampa lombardi nei confronti dell’ex Presidente dell’ACRI e della Cariplo che, lungi dall’essere il fondatore e salvatore delle fondazioni, come essi scrivono, è, viceversa, colui che non ha permesso a questi enti di perseguire, con consapevolezza e con risorse adeguate, la vera loro unica missione, e cioè quella di perseguire esclusivamente finalità di utilità sociale, ma piuttosto quelle bancarie e politiche. Come, però, ho avuto modo di ripetere molte volte, la verità dei fatti, quella che dovrebbe scuotere le coscienze ed indurre ad assunzioni di responsabilità ed al riconoscimento degli errori commessi, fatica sempre ad emergere e si preferiscono, invece, narrazioni superficiali e strumentali che sono funzionali al mantenimento dello status quo.

Prof. Avv. Emmanuele F.M. Emanuele Presidente Onorario Fondazione Roma